Ha chiuso i battenti questo Vinitaly 2025. Lo definiremmo il Vinitaly del rimpianto, il Vinitaly della tempesta perfetta, il Vinitaly che lascia scorgere agli audaci ghiotte opportunità di sfidante business.
Qui di seguito, quattro considerazioni propedeutiche allo spunto di riflessione.
Prima considerazione: quando il mare è calmo, sono tutti bravi marinai
“tutti gli equipaggi parevano avere eguale maestria nel navigare, quando il mare era calmo” (da il Coriolano di W. Shakespeare atto IV)
E di mare calmo, liscio come l’olio, e vento in poppa il comparto del vino se ne è giovato per tanti anni. Talmente tanti che gli anni divennero decenni e questi decenni furono erroneamente interpretati come dimostrazione di condizione perenne.

È stato il Vinitaly della tempesta perfetta
Evidentemente così non è stato e quando il mare è divenuto procelloso e lo zefiro è diventato vento tempestoso, gli impigriti equipaggi, magari ebbri del loro stesso vino, non hanno dimostrato la maestria necessaria per proseguire la navigazione. Non parliamo di naufragi, assolutamente no, parliamo di rotta smarrita.
Seconda considerazione: potenziare l'azienda quando si è in crescita
“il tetto si ripara quando c’è il sole” (di Jack Ma, founder di Alibabà)
E quanto sole, ben oltre le stagioni estive, ha illuminato e riscaldato il comparto del vino! E cosa si è fatto durante questo lungo periodo di sole? Probabilmente si è perseguito il solo scopo di “abbronzarsi”! Non si è provveduto a riparare il tetto per un duplice concomitante motivo: né ci si rendeva conto che il tetto presentava falle attraverso le quali sarebbero entrate le piogge, né ci si rendeva conto che il sole potesse eclissarsi, lasciando così il suo posto alle tenebre.
Terza considerazione: i dazi di Trump e i veri mali del vino
I dazi! Quanto se ne parla è quanto se ne è parlato al Vinitaly! Sono mica una cosa bella, questi dazi? Assolutamente non lo sono. È fenomeno che nuoce. Il dazio nuoce gravemente alla salute del comparto vitivinicolo. Ci fanno paura i dazi imposti da Trump? Sì, ci fanno paura.
Ma c’è qualcosa che fa ancora più paura: non rendersi conto oppure fare finta di non accorgersi che il comparto del vino era in cattive acque già ben prima dei dazi. I dazi risalgono alla settimana scorsa. Il malessere del vino comincia a manifestarsi almeno cinque anni fa, se non prima. Che il malessere si palesi in triplice sembianza lo si è già detto. Ricorriamo perciò ad una riesposizione sintetica, elencando in breve i tre fenomeni.
Primo fenomeno
La caduta del consumo di vino è tendenziale: né effimera, né episodica. Pro-capite sono decenni che si beve una minore quantità di vino, con decrementi, sebbene poco vistosi, anno dopo anno. E però, pro-capite è una cosa e “riga di totale world wide” ne è un’altra.
A fronte del singolo bevitore che beve sempre meno, si evidenzia un ampliamento su scala mondiale di chi beve vino. Da qui, i numeri gioiosi dell’export (ma quanto siamo bravi!) e lo sguardo giulivo su un mercato, quello Usa, che è parso essere, e magari negli anni scorsi lo è stato davvero, il paese dei balocchi. Adesso no, non è più così.
Secondo fenomeno
Ridere o piangere al cospetto di raccomandazioni recenti da parte di “esperti”? Costoro adesso predicano sul nuovo modo da adottare per narrare il vino e renderlo attrattivo: non più tecnicismi, gergalità, fare sussiegoso, liturgie per degustazioni da etichettare, mi raccomando, “masterclass”. No, adesso ci vuole la narrazione che emozioni, che privilegi il territorio, il racconto suadente delle persone che tra vigneto e cantina, il vino lo fanno, mettendoci cuore e cervello.

Vino: adesso ci vuole la narrazione che emozioni, che privilegi il territorio
Quanta preziosa saggezza! Peccato che chi adesso predica queste cose e questi comportamenti, fino a ieri predicava e praticava l’esatto contrario, perniciosamente contribuendo a tenere lontano dai calici soprattutto i giovani, poco propensi all’approccio templare e molto propensi, invece ad un approccio “laico”, friendly, che ha determinato, giammai casualmente, il successo di altre bevande.
Terzo fenomeno
Il pricing nella ristorazione. Un’assurdità che nessuno tra gli addetti ai lavori ha percepito come tale, né i produttori / venditori né i ristoratori, e che però i clienti avveduti, soprattutto dopo la pandemia, hanno ben compreso, comportandosi di conseguenza. Qui c’è un punto da valutare attentamente e che pertanto facciamo diventare considerazione a sé.
Quarta considerazione: il prezzo del vino nella ristorazione, l’undicesimo comandamento
“infiniti addusse lutti agli Achei” (da l’Iliade di Omero, l’incipit)
E qui gli Achei siamo tutti noi, Ma proprio tutti! Probabilmente è l’undicesimo comandamento, e però, nelle tavole della legge non lo si trova. Esso, probabilmente, recita così: “tu ristoratore calcolerai il prezzo della bottiglia che metti nella tua carta dei vini, moltiplicando per un numero che può andare a tuo piacimento da due a sette (ma va bene anche otto), il tuo costo del vino (il cosiddetto rigo di fattura acquisto)".
Al di là di ogni considerazione etica, che pur dovrebbe esserci, ma ci si rende conto quanti “lutti” ha comportato questo scellerato agire? No, non ce ne rendiamo conto semplicemente perché non si è ancora riflettuto abbastanza sui “mali oscuri” da tale scellerato agire cagionati.
Diamo voce ai pensieri del cliente:
- "Con questi prezzi, scelgo il vino meno costoso e poi magari non risultando esso il migliore abbinamento per la pietanza che arriva in tavola, non traggo soddisfazione piena dall’esperienza del pranzo/cena e non ne parlo positivamente con gli amici e sui social”.
- "Vorrei prendere ancora un’altra pietanza, e però, siccome il vino sta finendo, dovrei prendere anche un’altra bottiglia, ma così il conto va alle stelle, lasciamo stare”.
- "Stasera mi andrebbe di andare con mia moglie a cena fuori, ma con quello che oramai costa cenare fuori, lasciamo stare”. E magari buona parte dell’entità del conto è dovuta proprio alla bottiglia di vino.

Il pricing del vino nella ristorazione è un tema sempre più centrale
Diamo voce al pensiero del ristoratore:
- “Non è che, tranne il sabato sera e la domenica a pranzo, le cose stiano andando proprio bene bene. Fortuna che guadagno bene dalla bottiglia di vino”.
E quindi nessuno sprone a migliorare, tanto l’utile invece che provenire dal core business, ovvero da quanto si lavora e si trasforma in cucina, proviene dalla mia postura celata di commerciante: compro a tot e vendo a tot moltiplicato per...
Quel giorno che dal “moltiplicato per” si passerà ad “addizionato a” si scoprirà che si è posto riparo ad un’assurdità malevolmente vissuta come undicesimo comandamento e si scoprirà che i benefici ricadranno su tutti: produttor /venditori, ristoratori, clienti.
Il futuro è innovazione: dalla bottiglia ai servizi, la via obbligata
E proviamo adesso a capire a che punto siamo. Quanto è facile e soprattutto quanto è avvincente scoprirlo! Facile e avvincente allorquando ricorriamo ad uno strumento al quale mai dovremmo rinunciare: la matrice di Ansoff.
Quando l’azienda vitivinicola nasce, quando l’intrapresa comincia il suo percorso, per definizione ci si trova nel riquadro 1. Il riquadro dei primi passi: a fronte del mercato che conosco, che è mercato di vicinato, diciamo anche mercato domestico, esito i miei primi prodotti. Produco e vendo prodotti consolidati su mercato consolidato. E poi capisco che (evviva la vis imprenditoriale) posso espandere il mio business: lo posso, lo voglio e, in ottica di responsabilità sociale per il mio ruolo di imprenditore, per certi versi “lo devo”! Cosa faccio? Ho due percorsi. Mi dirigo verso il quadrante 2 oppure mi dirigo verso il quadrante 3. Saggiamente, prima il quadrante 2 e successivamente il quadrante 3.

La matrice di Ansoff
Il quadrante 2 significa che ad invarianza di mercato amplio il mio offering, il mio catalogo, si direbbe. Prima producevo solo due bianchi e due rossi e adesso, visto che ne sono capace e che ho oculatamente investito in macchinari e competenze, comincio a produrre anche un rosato e una bollicina metodo charmat.
Il quadrante 3 significa che ad invarianza di prodotti (oramai da intendere il catalogo già ampliato quando mi sono diretto al quadrante 2) mi cimento su altri mercati. È l’export, ragazzi! Irrobustisco la struttura aziendale, stabilisco contatti, rendo efficienti i canali in rete, e tanto altro ancora.
Ah, e adesso sto proprio bene. Ma, un momento c’è il quadrante 4: il grande challenge che farà compiere all’azienda quel passo ulteriore atto a renderla sempre attuale e sempre attrattiva.
In cosa consiste il quadrante 4? Innovazione di prodotto e innovazione di mercato. È quanto questo Vinitaly, chissà se consapevolmente o meno, ha provato a delineare come scenario. Innovazione di prodotto, da intendere letteralmente, e allora il gran parlare dei vini dealcolati e suoi affini, di componenti di mixology, e altro ancora.
Enoturismo e DTC: la vera svolta del business vitivinicolo
Ma, attenzione, l’innovazione più interessante sta in una commutazione che è innanzitutto di mind set: dal prodotto al servizio. E quindi l’enoturismo e, ad esso strettamente correlato (la correlazione ne costituisce key factor) il DTC e il Wine Club. Il DTC (Direct To Consumer) è condizione necessaria a ché il business non solo sopravviva ma prosperi. I gangli intermedi che portano il vino dall’MPF (Magazzino Prodotti Finiti) della cantina alla tavola di chi il vino se lo beve, vanno drasticamente elisi.

Gli step tra cantina e tavola vanno ridotti
Cosa notiamo adesso? Che l’innovazione di prodotto, con essa intendendo l’ampliamento dell’offering alla gamma dei servizi, comporta naturalmente anche innovazione di mercato. Quindi, non solo pensare e progettare ampliamenti di mercati da esplorare e presidiare per uscire dalla gabbia (divenuta tale non solo per via dei dazi) del mercato Usa e del mercato Ue, ma anche un concetto nuovo di mercato, da individuare nelle potenzialità della rete: eCommerce che vende anche i servizi di enoturismo, presenza su piattaforme di terzi, uso originale e non autoreferenziale dei social.

La rete offre molte potenzialità al mondo del vino
Anelare al consapevole presidio del quadrante 4 è condizione necessaria, sebbene non sufficiente, per essere attori del nuovo modello di wine business. E come si debella il pericolo che la condizione divenga non solo necessaria ma anche sufficiente? Innanzitutto, facendo tesoro (a momenti diremmo “ammenda”) degli errori del passato, sunteggiati nelle quattro considerazioni e poi avvedutamente investendo in know-how atto a governare con sapienza le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
Si può fare, yes we can!