Finalmente una presa di posizione chiara, netta e senza fronzoli. Condividiamo praticamente tutto del testo di Roberto Castagner, che è ben più della difesa di un produttore, essendo al contrario un forte e coraggioso atto di testimonianza per un prodotto autenticamente italiano. La grappa non può infatti essere prodotta fuori dai nostri confini ed è esente da rischi di sofisticazione, salvo la clandestinità... Per questo motivo ne abbiamo fatto l'articolo di apertura del nostro quotidiano, con l'auspicio che su questa posizione si possa aprire un dibattito a cui sono invitati tutti e per il quale siamo come sempre disponibili. A partire dal gruppo parlamentare della Lega, dove convivono l'anima efficientista e rigorista del ministro Luca Zaia, pronto a difendere in ogni circostanza la qualità dei prodotti e la salute del consumatore, e quella un po' più populista che pensa di salvare una tradizione antica (oggi diventata vanto nazionale) con giochini di finta liberalizzazione che rischiano però di nuocere a tutti.
E usiamo il termine nuocere non a caso. Da tempo abbiamo avvertito (primi in assoluto in Italia) dei rischi legati alla grappa fai da te. Al di là dell'immediato abbassamento della qualità di un distillato che oggi può competere alla pari con il cognac o il whisky, non ci convince per nulla che lasciar fare in casa la grappa garantisca l'obiettivo assolutamente lodevole e condivisibile di 'farne un simbolo di genuinità del territorio”. Sarebbe come dire che per fare del buon vino bisogna buttare al macero disciplinari, controlli e Doc.
Ma dov'è finito il buon senso di cui pure la Lega in più occasioni ha dato prova? Pensiamo solo alla meritoria attività che ha svolto (partendo proprio dalla discussione avviata dai suoi deputati su 'Italia a Tavola”) per cancellare l'obbrobrio della tolleranza zero in tema di limiti alcolici. Ma poiché la responsabilità di questo salto nel buio sulla grappa non può essere solo della Lega, che pure ha avanzato la proposta, tutti i gruppi politici sono invitati a chiarire la loro posizione.
Dopo anni di battaglie non facili, in Italia si è riusciti ad estirpare una vera e propria piaga sociale quale la distillazione clandestina, causa di non pochi problemi sociali per l'elevato tasso di alcolismo e di avvelenamento che portava con sé . Una conquista che ha fatto della cultura e della tradizione della grappa un elemento di forte interesse economico capace di motivare, come già avviene per il vino e i prodotti gastronomici, anche flussi turistici. Ora, magari per favorire qualche ex clandestino o qualche amatore (che può comunque continuare a farsela in casa...), rischiamo di far saltare un sistema finalmente virtuoso permettendo praticamente a chiunque di farsi la sua 'grappa”.
Lasciando perdere il danno economico per le distillerie, che pagano le tasse e hanno controllata dall'Utif ogni goccia del prezioso liquido, siamo preoccupati seriamente per gli effetti sulla salute. Senza adeguate preparazioni la grappa fai da te è infatti un vero rischio. Lo è per lo sfortunato consumatore, che certamente rischierà di bersi alcol metilico o metalli tossici come il rame (elemento base degli impianti di distillazione casalinghi). Ma lo è anche per gli apprendisti stregoni, che (senza alcuna formazione obbligatoria o almeno un patentino, come propone l'Anag) fra alambicchi e storte nel sottoscala o nel fienile rischierebbero di assumere fumi non sempre salubri se non sanno distinguere bene teste e code. Per non parlare del fatto che questi impianti utilizzeranno necessariamente bombole del gas per il calore: basta una disattenzione e salta in aria il garage o la cantina...
Non basta pretendere, finalmente, etichette per l'olio e tutti gli alimenti. La salute e il buon nome del prodotto italiano li si tutelano anche evitando stupidaggini come queste. Ci resta la speranza che il Governo e il Parlamento dimostrino buon senso.
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net
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