Sarà perché l'armata Brancaleone non ha mai vinto una Crociata. Oppure perché la magistrale interpretazione di Vittorio Gasmann ne ha fatto una pietra miliare dell'ironia sull'incapacità tutta italiana di fare sistema. Sta di fatto che il pur datato film di Mario Monicelli, è del 1966, potrebbe essere preso a esempio di come in Italia si pensa oggi di lanciare una sfida ai francesi e dichiarare addirittura di averla vinta. E non parliamo di una scommessa su quale Paese annovera le donne più belle, gli stilisti più famosi o i calciatori più bravi. Niente di tutto ciò. Con una simpatica tifoseria da stadio abbiamo nei giorni scorsi assistito ad una gara a chi la sparava più grossa su un tema dove l'estate un po' troppo calda deve avere lasciato il segno: il primato nel mondo per le bollicine. Il tutto con tanto di dichiarazioni ufficiali circa un preteso sorpasso degli spumanti italiani sullo Champagne.
Una bufala che ha fatto letteralmente il giro del mondo visto che a rilanciarla hanno contribuito la più grande organizzazione agricola italiana, il più importante quotidiano economico e persino il ministro più comunicativo del Governo. Come dire che di fronte a una tale massa di fuoco in pochi hanno dubitato che in realtà stavamo solo giocando una partita promozionale per spingere le vendite dei nostri spumanti.
Ben venga qualunque iniziativa capace di valorizzare uno dei prodotti di punta del nostro sistema agroalimentare ma, ci permettiamo di osservare... senza falsare la realtà. Paragonare ad un vino che nel mondo è di sé il simbolo assoluto delle bollicine- con una somma di prodotti che solo in minima parte sono assolutamente equiparabili è un po' come barare al gioco. Da un lato c'è lo Champagne, che indica a un tempo un territorio e un metodo che è stato esportato in tutto il mondo, anche in Italia a partire dalla metà dell'Ottocento, e dall'altro pochi spumanti italiani a metodo classico e i tanti che appartengono ad una categoria ugualmente di pregio, ma diversa (il metodo Charmat o Martinotti).
A fronte dei 320 milioni di bottiglie di Champagne (previste in calo per il 2009) l'Italia ne può schierare in campo di 'pari grado” solo poco meno di 24 milioni (fra Franciacorta, Trentodoc, Oltrepo', Alta Langa e denominazioni non di territorio). Solo intruppando anche gli oltre 304 milioni di bottiglie di spumanti vari (fra cui Asti e Prosecco) possiamo raggiungere i 328 milioni. Ma se questa operazione la fanno anche i francesi (che non producono ovviamente solo Champagne) arriviamo per parte loro a quota 435 milioni (e i tedeschi addirittura a 480 milioni). Chi vince? Giocare coi numeri in campo enogastronomico oggi è un po' come taroccare i prodotti. E per dirla tutta, anche se fatto per fine nobili (vendere più prodotti italiani), non ci sembra bello usare statistiche che meriterebbero 15 a qualunque esame universitario.
Dietro queste operazioni ci sta forse la preoccupazione dei piani alti del Palazzo nel volere spingere lo spumante italiano come un'unica entità, cercando di superare le frammentazioni che non sono solo di metodo di produzione (l'aspetto più importante), ma anche di incapacità di fare sistema almeno nelle componenti più simili. Nel fare questo negli ultimi tempi si è però forse ecceduto nell'enfasi data al fatto che sono tutti spumanti e fra questi si è spinto un prodotto oggi di punta, per qualità e notorietà, quale il Prosecco, che rappresenta però solo una parte minoritaria del totale. Una sovraesposizione dello spumante veneto che ha portato alcuni produttori di metodo classico a rompere le righe per marcare una 'diversità”.
Per ristabilire un ordine delle cose ed una gerarchia che sul mercato si misura anche in termini di prezzi di vendita (sempre più vicini fra le varie tipologie, mentre i costi di produzione restano nettamente sbilanciati a sfavore dei metodo classico) una dozzina di cantine italiane (fra le più note) ha quindi deciso di rilanciare il Talento, un marchio che per legge contraddistingue il metodo classico, di fatto quelli che si confrontano con gli Champagne, perché fatti allo stesso modo. Un nome che non è certo il massimo, tanto che da anni c'è chi storce la bocca solo a pronunciarlo, ma che ha il vantaggio di essere facilmente pronunciabile, italiano e soprattutto, capace di superare le frammentazioni di territorio (Franciacorta, Trento, Oltrepò, ecc) a cui può essere facilmente abbinato senza sovrastare nessuno. Una soluzione che potrebbe ridare fra l'altro nuove occasioni di crescita al complesso degli spumanti italiani grazie ad una differenziazione che identifichi immediatamente le diverse tipologie di bollicine che sotto l'ombrello di 'spumante” stanno un po' troppo strette. Per permettere in pratica a ciascuna di avere il suo spazio di mercato ed i concorrenti giusti lasciando ai Martinotti la possibilità di giocare meglio in squadra come Spumanti.
In attesa di sviluppi consoliamoci con la promessa che 'Italia a Tavola” ha pubblicamente strappato al ministro Luca Zaia perché per il prossimo capodanno a tutte le feste in diretta tv vengano fornite bottiglie di bollicine con il tricolore italiano (metodo Classico o Martinotti poco importa), con tanto di bicchieri adeguati, così da evitare la stupidaggine fatta da Rai1 con lo Champagne bevuto a canna da Fabrizio Del Noce.
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net
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