Se ancora ce ne fosse stato bisogno, è giunta l'ennesima, inutile,
classifica che vuole stabilire la graduatoria della Cucina nel mondo. Con decisamente meno rigore, e più arroganza, della gran parte delle guide - che pure non seguono sempre dei criteri oggettivi - a stilare la lista dei migliori ristoranti del mondo da 9 anni è la S.Pellegrino (gruppo Nestlé), forse la realtà che maggiormente ha investito a livello internazionale per la promozione di un prodotto in assoluto povero (l'acqua) in abbinamento ai grandi cuochi. E il lavoro organizzativo che ha coinvolto 800 giurati (che non hanno però alcun obbligo di visitare i locali per cui votano...) ha prodotto il 'mostro” di una classifica che al vertice vede il 33enne albanese-danese René Redzepi, che ha superato pezzi da 90 come lo spagnolo Adrià o l'inglese Blumenthal. Il che non sarebbe nemmeno un grande risultato se si pensa che il molecolarista britannico, a logica, dovrebbe risultare, ad andar bene, in fondo alla classifica avendo avuto lo scorso anno il locale chiuso almeno due volte per intossicazione della clientela. Ma tant'è, grazie anche alla Nestlé, negli anni passati questi nomi erano diventati griffe di assoluto richiamo e quindi... come liberarsene?
Proprio il ricordato sforzo organizzativo (che nei singoli Paesi comporta sponsorizzazioni di eventi legati alla cucina e costose pubblicità per comprarsi la stampa amica) costituisce peraltro il punto più debole di un'iniziativa che, come quella degli Awards dei 50 migliori ristoranti al mondo, è solo un'occasione in più di fare promozione dei soliti marchi. E il solo fatto che ne parliamo anche noi dà ragione a chi, in Nestlé, ha scelto questa strategia.
Pur consapevoli quindi che dedicare righe a questa classifica in fondo fa il gioco di S.Pellegrino, non possiamo non confermare le perplessità già espresse in passato su una sistema che si basa fortemente su due elementi: le lobby che in alcuni Paesi sostengono questo o quel candidato (perché legato a interessi economici, aziendali o di territorio che siano) e il quasi obbligatorio utilizzo di acque S.Pellegrino o Panna nei locali. Come dire che basterebbe chiamare col suo giusto nome la farsa della graduatoria ("I migliori ristoranti al mondo che utilizzano acqua S. Pellegrino & C.") per restituirle un giusto valore e 'peso”. Come spiegare in modo diverse salti incredibili di decine di punti in graduatoria per ristoranti il cui merito più grande, secondo gli organizzatori, è quello di essere testimonial di prodotti alimentari?
Con tutto il rispetto per molti nomi importanti (e fra questi certamente Massimo Bottura, che ha meritatamente conquistato un posizione di rilievo), non si potrebbe capire altrimenti il successo di alcuni locali e la caduta verticale di altri. In questa classifica mancano ad esempio ristoranti che la Michelin (che resta la guida internazionale più riconosciuta) colloca ai vertici in diversi Paesi, ma che forse non consumano abitualmente S.Pellegrino.
La graduatoria non tiene nemmeno conto del vero peso, a livello di percezione internazionale, della competizione in atto fra le cucine italiane, e quella spagnola o francese, con inserimenti bizzarri e assolutamente legati a business e promozione. Come dire che di questa classifica (che non indica affatto cambiamenti di stile e tendenza a favore di cucine più naturali e 'pulite”, come vorrebbe lasciar credere qualche zelante collega che fa parte del gioco) non servono proprio più a nessuno. Può essere che il lusso ingessato dei francesi e l'esasperato modernismo degli spagnoli si stiano eludendo, ma da questa classifica non emerge nulla di tutto ciò. E, soprattutto, non emerge nemmeno quel valore di cucine del territorio e delle materie prime che rappresenta invece il vero futuro di successo per il nostro Paese e tutta la sua filiera agroalimentare, certamente la miglioree la più apprezzata nel mondo. E che, premi della S.Pellegrino o meno, deve essere perseguito.
Alberto Lupinialberto.lupini@italiaatavola.netArticoli correlati:
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