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Ristoranti italiani nel mondo, che sia la volta buona!

di Alberto Lupini
direttore
 
25 maggio 2010 | 16:13

Ristoranti italiani nel mondo, che sia la volta buona!

di Alberto Lupini
direttore
25 maggio 2010 | 16:13
 

Ministeri, enti, associazioni. Basterebbe l'elenco delle sigle coinvolte per lasciare intendere che forse stavolta è quella buona: l'Italia intende fare sul serio per valorizzare le uniche vere ambasciate dello stile italiano nel mondo, i ristoranti italiani all'estero. Dopo tanti fallimenti (da quelli di Ciao Italia ai bollini del ministero dell'Agricoltura), finalmente si è messa in piedi una squadra che, almeno sulla carta, rappresenta in maniera coerente il sistema Paese. Il che è già una novità positiva e di valore.

Viste le esperienze passate il condizionale è d'obbligo, ma alcuni fatti concreti stavolta portano a un po' di ottimismo. In primo luogo va ricordato come l'intero progetto ('Ospitalità italiana, ristoranti italiani nel mondo”) poggia sull'unica realtà certamente positiva per quanto riguarda valutazioni oggettive sui ristoranti italiani: l'Isnart, la società delle Camere di commercio che dal 1997 certifica il livello di qualità minima garantita da 5.400 aziende turistiche fra alberghi, ristoranti e agriturismi. Altro che guide e 'maître à penser” dei vari gruppi editoriali. Il marchio 'Ospitalità italiana” distingue realmente locali che della qualità hanno fatto una scelta strategica, al di là dell'ottenimento di stelline, cappellini o forchettine. Cucine e servizi igienici in regola, approvvigionamento di prodotti tracciabile, verifica della formazione del personale, ecc. Proprio le metodologie che l'Isnart ha adottato in 80 province di 18 regioni italiane sono la base su cui, con un progetto ambizioso, si vuole estendere questa logica di certificazione di qualità alle migliaia di ristoranti 'italiani” che in tutto il mondo potranno liberamente decidere (come avviene in Italia) di sottoporsi ad esami decisamente rigorosi.

E tutto ciò per stabilire, sulla base di un articolato decalogo, se quel locale ha le carte in regola per definirsi ristorante italiano: dall'arredo interno alla formazione del cuoco, dai menu proposti alle carte di olio e vini, ecc. Certo si potrà discutere (e lo si deve fare da subito) se in tutte le Camere di commercio italiane nel mondo esistono le qualifiche professionali per poter fare con efficacia le indagini che vengono svolte dai funzionari Isnart in Italia. O se, aspetto particolarmente delicato, sia stata solo una dimenticanza, o la mancanza di un assetto istituzionale formale, ad avere portato all'esclusione dalla commissione di gestione dell'unica realtà che rappresenta, in maniera efficace, i cuochi italiani sparsi per il mondo: il Gruppo virtuale cuochi italiani (Gvci). Questioni a cui si può in ogni caso rimediare in fretta approfittando di questa coincidenza fortunosa di avere messo insieme un po' tutte le competenze che in qualche modo hanno a che fare con la ristorazione italiana nel mondo. Non esclusi i produttori di alimenti e vino, di fatto i più diretti interessati a che il Made in Italy a tavola venga promosso e valorizzato in tutti i Paesi, a partire dalle esperienze dei ristoranti italiani.

Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net



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