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L’agroalimentare deve diventare priorità del Governo Non bastano i sequestri del cibo tarocco

di Alberto Lupini
direttore
 
24 gennaio 2012 | 14:48

L’agroalimentare deve diventare priorità del Governo Non bastano i sequestri del cibo tarocco

di Alberto Lupini
direttore
24 gennaio 2012 | 14:48
 

Colpire le corporazioni e i privilegi, che hanno finora fatto aumentare costi e tariffe a famiglie ed imprese, è uno degli obiettivi prioritari del governo Monti che speriamo possa concretizzarsi in fretta. Nel giro di sei mesi al massimo le tanto attese liberalizzazioni potrebbero cominciare a garantire dei benefici a tutti. Dopo la riforma delle pensioni e l'avvio di una lotta seria all'evasione fiscale, il Paese sembrerebbe dunque avviarsi verso una condizione di maggiore parità rispetto a quanto avviene nel resto d'Europa. Usiamo il condizionale perché in verità sul futuro dell'Italia continuano a pesare come macigni la corruzione ad ogni livello e la criminalità diffusa. E una delle forme più insopportabili di queste forme di delinquenza è rappresentata oggi dalle agromafie e dalla contraffazione del Made in Italy a tavola.

Per restare solo a prodotti venduti nel mondo e spacciati come fatti in Italia, un recente rapporto parlamentare parla di oltre 70 miliardi annui di perdite secche per il Pil. In realtà il danno è decisamente più elevato se si pensa a come in Italia l'agroalimentare è sotto pressione e fra taroccamenti e imbrogli (pensiamo solo al caso clamoroso dei sequestri di falsi prodotti biologici) arriviamo a giri d'affari vorticosi. Attività che sono effettuate da criminali con la complicità o la connivenza di pezzi delle istituzioni (che chiudono gli occhi o addirittura finanziano le imprese) e che creano danni quasi incalcolabili. Si va dalla concorrenza sleale all'evasione fiscale e si arriva, cosa che è forse più grave, a vere e proprie forme di attentato alla salute pubblica. Alimentarsi con prodotti non genuini o frutto di processi industriali non adeguati mina il benessere dei consumatori e porta ad ulteriori costi per l'assistenza sanitaria.

Ben venga dunque l'inasprimento della lotta all'agromafia annunciato recentemente dal ministro delle Politiche agricole, Mario Catania. Ma ciò non è sufficiente. La battaglia per la difesa e la valorizzazione dell'agroalimentare italiano deve diventare una delle priorità del Governo. Tanti sarebbero i benefici portati da questa lotta. Da quelli per la salute dei consumatori a un'espansione delle attività e dell'occupazione delle aziende in regola, fino alla valorizzazione di uno dei nostri plus nel mondo: lo stile di vita italiano.

Questa vera e propria guerra deve però essere combattuta da tutti. Anche con iniziative di comunicazione per spiegare ai consumatori come non farsi imbrogliare, fino al coinvolgimento dei veri ambasciatori e promotori della qualità che sono i ristoratori (in Italia e nel mondo). Insomma cibo e vino devono diventare uno dei punti forti della ripresa dell'Italia.

Ma perché iniziative di questo genere siano credibili occorre coerenza su tutti i fronti. Si deve fare chiarezza e spazzare via tutte le sagre tarocche che sono occasioni ghiotte per prodotti alimentari contraffatti e senza valore. Si deve puntare su iniziative a tutti i livelli per spingere verso una corretta alimentazione. E si deve avere il coraggio, nonostante la vergognosa opposizione di alcuni produttori (è il caso delle piccole-medie imprese di Unionalimentari), di adottare iniziative drastiche contro il cibo spazzatura (il junk food principale responsabile dell'allarme obesità anche fra i bambini italiani), arrivando se necessario a tassarlo. Altro che farne i testimonial come aveva fatto l'ex ministro dell'Agricoltura Zaia. Insomma l'agroalimentare è un settore strategico per il Paese e deve diventare una priorità nazionale.

Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net



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25/01/2012 20:56:00
1) Non ci resta che piangere
Lucia Abballe - Non ci resta che piangere e fare la conta di cosa rimane all'Italia della produzione e della vendita del marchio italiano e delle tante aziende di piccole dimensioni ma di significativo impatto, medie imprese e multinazionali, finite nella rete dell'appetito affaristico straniero. Che l'Italia fosse un Paese di esterofili lo si sapeva già, ma questo accanimento- oserei dire poco terapeutico per la produzione italiana- ai pezzi migliori del made in Italy,  sta trasformando il bel Paese in terra di frontiera dove c'è tanto da prendere e portare via con il nocivo effetto di lasciare a stomaco vuoto e a bocca asciutta l'Italia a tavola. Dopo la pasta e l'olio, il latte e lo spumante, questa è stata la volta di un altro pezzo dell'alimentare italiano finito nelle mani di gruppi stranieri, in particolare della società anglo-nipponica Princes controllata dalla galassia del gigante Mitsubishi. Dunque non solo sushi nei menù giapponesi, ma anche pomodori, soprattutto quelli italiani. Sembra proprio che uno degli effetti più evidenti della consistente presenza giapponese in Italia sia stato quello di studiare per bene il cibo italiano e, dopo averne assaggiato il gusto e le proprietà dell'”oro rosso” del Sud Italia, non hanno esitato ad apprezzarlo ed acquistare, in seguito, il produttore. Ed è così che Ar, azienda agroalimentare leader nel settore dei pomodori pelati, è stata inghiottita dalla spirale del controllo straniero. Un'impresa, la Ar, forse poco nota al grande pubblico ma ben strutturata e ramificata in tutto il mondo. Soltanto il 20% delle vendite del gruppo sono realizzate in Italia mentre il giro d'affari all'estero va dal 60% in Europa, al 10% in Africa e negli Stati Uniti e in Canada. Questo dimostra la grande attenzione delle multinazionali per società di questo tipo e l'assenza di una strategia di contenimento di questa espansione. Così, mentre a Capodanno l'oligarca russo della vodka, Roustam Tariko, ha brindato con lo spumante della storica casa piemontese Gancia, i giapponesi saranno lieti di celebrare la festa nazionale dell'Equinozio di primavera, con un fumante ed invitante piatto al pomodoro italiano. Credo sia impossibile, oltre che anacronistico al giorno d'oggi, tessere l'elogio del protezionismo e della difesa dell'italianità dei pelati anche perché il mercato nel quale si trova ad operare l'Italia è estremamente aperto, aggressivo e competitivo dove gli errori non si perdonano e l'inefficienza diventa un prezzo troppo alto da pagare. Nostalgia del passato? No di certo, ma occorre che sull'industria nostrana si faccia una seria riflessione per evitare che l'acquisizione dei marchi italiani da parte delle multinazionali diventi un fatto strutturale che potrebbe essere difficile arginare. Insomma urge un immediato soccorso governativo che, mancando, ha contribuito ad aggiungere un'ulteriore tessera al mosaico di un made ibrido che, nel caso del pomodoro, oscilla tra gli ideogrammi giapponesi ed una cultura gastronomica che ha tutte le sfumature del tricolore. Prima che un'altra prevedibile spedizione 'colonialista” in terra italiana si appropri della fatica e dell'impegno delle nostre aziende, è importante che ci sia 'una task force, una struttura di pronto intervento che cerchi di fermare la trasformazione del nostro settore agroalimentare in terreno di conquista”. Lo dice Sergio Marini, presidente della Coldiretti, ma dobbiamo convincercene tutti a cominciare da questo Governo che dovrebbe dare la giusta importanza a settori, come quello agroalimentare, che risultano essere fondamentali per la crescita economica. Un particolare, questo, che non può sfuggire all'attenzione di chi di dovere che, mai come in questo momento, deve dimostrare di tenerci e difendere una tradizione centenaria che ha fatto della nostra cultura un riferimento fondamentale in tutto il mondo.




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