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Fra la Brambilla e la Fipe i numeri veri della ristorazione

di Alberto Lupini
direttore
 
21 giugno 2011 | 18:32

Fra la Brambilla e la Fipe i numeri veri della ristorazione

di Alberto Lupini
direttore
21 giugno 2011 | 18:32
 

Una figuraccia per il Ministro, costretta ad impegnarsi a diramare una circolare interpretativa per tenere conto della sacrosante proteste dei ristoratori. Una sospensione di giudizio da parte della Fipe, che vuole andare a vedere nel concreto cosa ci sarà scritto in questo nuovo documento, non avendo motivi di fidarsi oggi di un politico che ha finora preso un sacco di cantonate. Sembra questo il risultato del match Michela Vittoria Brambilla-presidenza Fipe che si è tenuto proprio il giorno dell'entrata in vigore del tanto contestato Codice del turismo che ha di fatto omologato alla ristorazione attività che non sono sottoposte alle stesse regole e ai controlli.

Un esito forse scontato che sposta ancora di qualche giorno il giudizio finale della Fipe (che peraltro è invece nettamente mnegativo da parte della Confesercenti) e che conferma la mancanza di un minimo dialogo e confronto preventivo fra il Governo e i sindacati, che fino all'ultimo avevano cercato di far cambiare la posizione oltranzista del Ministro attraverso un maxiemendamento arenatosi non si sa bene dove.

Un incontro è del resto difficile se non si parla delle stesse cose. Pensare che il mondo della ristorazione in Italia conti realmente su 157mila aziende (come dice la Brambilla) è fuorviante e frutto di statistiche bislacche. Secondo le stesse tabelle di Mondimpresa distribuite a Milano dal Ministro si raggiungerebbe quella cifra conteggiando anche gelaterie, ambulanti, gastronomie e, soprattutto, esercizi che oggi non sono aperti al pubblico, ma solo agli ospiti interni (campeggi, alberghi o b&b). Attività che non sono fra l'altro sottoposte ai rigidi protocolli Haccp o ai controlli dei Nas, come giustamente avviene per i ristoranti e le pizzerie.

La Brambilla ha di fatto allargato le maglie (fregandosene  della salute dei cittadini o del lavoro di responsabilità dei ristoratori) ed ora cerca una via d'uscita per sottrarsi a quella richiesta di dimissioni inevitabili dopo che la Fipe aveva definito il Codice del turismo uno strumento che "uccide" la ristorazione...

Eppure è proprio sul numero dei ristoranti che si gioca la partita, anche per il futuro di un turismo non solo di massa (per il quale ci sono sempre le mense come gli autogrill...). In tutta Italia gli esercizi pubblici che somministrano alimenti, perciò definibili in qualche modo 'ristorazione” (a parte il caso dei bar, che è un altro problema...), dovrebbero essere circa 100-110mila. In Francia (dove la ristorazione da sempre è uno degli asset dell'immagine e del turismo del Paese) il paragone va fatto al massimo con 40mila imprese. Da noi la Brambilla vorrebbe arrivare a 4 volte tale numero e spacciare questo disastro come una rivoluzione liberale. E già qui si coglie l'abisso, anche culturale, che separa la titolare del Turismo dalla realtà.

Se poi passiamo alla cosiddetta ristorazione di alta qualità non dovremmo andare oltre i 10-15mila esercizi che costituiscono il cuore del settore e la sua parte più creativa e attenta alla promozione della filiera enogastronomica. Considerando anche una fascia intermedia ci potremmo posizionare più o meno come i francesi sulle 40mila aziende. Ma di questi locali sono una minima parte viene recensita dalle guide ed è anche questo un elemento di distorsione del mercato che il Ministro non ha in alcun modo colto, piegandosi a mode che hanno già fatto tanti danni al settore.

Per tornare al distacco dalla realtà della Brambilla va sottolineato come nella presentazione del suo Festival della ristorazione a Milano in settembre (la foglia di fico con cui cerca di coprire la vergogna del suo "Codice" per la parte degli esercizi pubblici), il Ministro ha voluto farsi accompagnare da una decina dei ristoratori più noti e qualificati d'Italia, sottolineandone però un aspetto di cui avrebbe potuto fare a meno. Denotando un provincialismo degno di ben altro contesto, il ministro del Turismo ne ha infatti valorizzato la parte meno interessante, scontata la loro qualità, l'essere cioè stellati Michelin, quasi che i cappelli, le forchette, le faccine radiose o altri simboli 'italiani” non contassero nulla. O non ci fosse una ristorazione di qualità fuori dalle guide...

Restando alle schematiche valutazioni del Ministro sulla ristorazione, ci chiediamo fra l'altro: con che criteri verranno assegnate le sue medaglie d'oro previste per il Festival delle ristorazione? Solo agli stellati? E chi preparerà gli elenchi? La domanda non è capziosa visto che fra i componenti della commissione del Turismo enogastronomico del suo Ministero quasi nessuno sapeva della sua iniziativa presenta a Milano. In questo vuoto e con queste iniziative solitarie del Ministro, dichiariamo fin d'ora la nostra disponibilità ad essere utili per questa operazione di selezione dei meritevoli, che in realtà è ancora tutta da costruire, sottraendoci così alla possibile accusa di essere solo disfattisti...

Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net




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